Crescere a Gaeta tra gli anni '80 e '90 del secolo scorso - fa un po' impressione dirlo - è stato come vivere in prima persona il film culto "Goonies", nel quale un gruppo di ragazzini avventurosi attraversa numerose peripezie per... scoprire un tesoro!
E la Gaeta di quei giorni, per noi ragazzini di Via Indipendenza, era davvero una grande isola piena di tesori in attesa di essere portati alla luce.
Calegna in particolare, con la Scuola Americana ante-terrore e quindi aperta a tutti; il Tribunale di Craxiana memoria, che richiese anni e miliardi di lire per essere costruito e che per noi era un unico immenso parco giochi nel quale ci intrufolavamo saltando reti e cancelli per trovarci un mondo di materiali edili intonsi, sacchi di cemento su cui saltare, mattoni con cui giocare alla "Lego" in grandezza naturale; ma soprattutto, Calegna era il luogo da cui si poteva e si può tuttora agevolmente accedere a uno dei tratti più suggestivi del tratto ferroviario di Gaeta.
Le passeggiate lungo i suoi binari inerti, silenziosi, quindi il lunghissimo tunnel buio e sinistro che all'epoca - anche oggi? - era luogo di culto per sette di sbandati, con tanto di offerte sacrificali di poveri animaletti straziati e cumuli di rami d'ulivo bruciati; il crocicchio ferroviario allampanato; il fischio di un treno fantasma; un mandorlo, poco distante, su cui arrampicarci mangiandone i frutti, scartando quelli divorati dai vermi, e scrutare il golfo che si offriva ai nostri occhi in tramonti infuocati...
Sono tornato ieri sera in quel luogo, dopo molti anni. L'ho trovato identico o quasi, forse qualche crepa di più nel gabbiotto e il crocicchio mi è parso un tantino più triste e abbattutto, chissà che non gli siamo mancati almeno un po'.
Oggi sento parlare della rimessa in sesto della Littorina, e la cosa non può che farmi grande piacere: l'intera comunità ne gioverebbe enormemente. In fondo al cuore, però, un pochettino mi dispiacerà salutare questo paesaggio spettrale.
"La bellezza", si dice, "è negli occhi di chi guarda". E nel cuore degli anni giovani e in irripetibili tramonti, direi anche. Perché quella volta e in quel tempo il sole e l'aria del cielo hanno creato una sintonia di colori che, benché simile agli infiniti tramonti che si sono susseguiti sulla Terra, è stata per noi una tavolozza unica con cui dipingere vividi ricordi.
E la Gaeta di quei giorni, per noi ragazzini di Via Indipendenza, era davvero una grande isola piena di tesori in attesa di essere portati alla luce.
Calegna in particolare, con la Scuola Americana ante-terrore e quindi aperta a tutti; il Tribunale di Craxiana memoria, che richiese anni e miliardi di lire per essere costruito e che per noi era un unico immenso parco giochi nel quale ci intrufolavamo saltando reti e cancelli per trovarci un mondo di materiali edili intonsi, sacchi di cemento su cui saltare, mattoni con cui giocare alla "Lego" in grandezza naturale; ma soprattutto, Calegna era il luogo da cui si poteva e si può tuttora agevolmente accedere a uno dei tratti più suggestivi del tratto ferroviario di Gaeta.
Le passeggiate lungo i suoi binari inerti, silenziosi, quindi il lunghissimo tunnel buio e sinistro che all'epoca - anche oggi? - era luogo di culto per sette di sbandati, con tanto di offerte sacrificali di poveri animaletti straziati e cumuli di rami d'ulivo bruciati; il crocicchio ferroviario allampanato; il fischio di un treno fantasma; un mandorlo, poco distante, su cui arrampicarci mangiandone i frutti, scartando quelli divorati dai vermi, e scrutare il golfo che si offriva ai nostri occhi in tramonti infuocati...
Sono tornato ieri sera in quel luogo, dopo molti anni. L'ho trovato identico o quasi, forse qualche crepa di più nel gabbiotto e il crocicchio mi è parso un tantino più triste e abbattutto, chissà che non gli siamo mancati almeno un po'.
Oggi sento parlare della rimessa in sesto della Littorina, e la cosa non può che farmi grande piacere: l'intera comunità ne gioverebbe enormemente. In fondo al cuore, però, un pochettino mi dispiacerà salutare questo paesaggio spettrale.
"La bellezza", si dice, "è negli occhi di chi guarda". E nel cuore degli anni giovani e in irripetibili tramonti, direi anche. Perché quella volta e in quel tempo il sole e l'aria del cielo hanno creato una sintonia di colori che, benché simile agli infiniti tramonti che si sono susseguiti sulla Terra, è stata per noi una tavolozza unica con cui dipingere vividi ricordi.
Hai fischiato la tua ultima corsa
treno dei ricordi
è il momento di scendere
alla nuova stazione
da qui in avanti
non si può che continuare
sempre dritto
fino al capolinea.
di Jason R. Forbus
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