Esistono galassie che inseguono altre galassie nel cielo infinito. Secondo gli scienziati, vagheranno fino agli angoli più remoti dell’universo per poi spegnersi e morire.
Io so un paio di cose sul tempo e sullo spazio. So per certo che entrambi amano giocare e sì, amano corrersi dietro.
Ieri notte, la mia stella preferita mi ha anche detto che l’amore è un gioco cosmico: a tutti è data la possibilità di condividere qualcosa, a tutti è data la possibilità di dire la propria.
Ma secondo gli astronomi, tu ed io siamo un “paradosso della scienza”. Per anni, ormai, hanno vanamente discusso sul perché continuiamo ad allontanarci, scomparendo sempre più velocemente alla vista. Così, per risolvere il mistero una volta per tutte, hanno deciso di lanciare nello spazio un satellite più veloce della luce.
Guardavano tutti all’insù il giorno in cui lo lanciarono nel cielo. Rivedo ancora quell’aria di sfida e risolutezza dipinta sui loro volti.
Negli anni che seguirono il lancio, quattordici miliardi di occhi ci seguirono fra le nebulose, in mezzo a nove e supernove, attraverso piogge meteoriche e nel buco nero più buio del cosmo.
Quasi mi spiace dirlo, ma ci persero di vista nei pressi di Alfa Centauri; il satellite si fermò, tossì un paio di volte, quindi girò sui razzi e tornò indietro.
Per quanto corresse veloce, infatti, non poteva saper nulla della compressione spazio-temporale. Lungo tutta l’immensità dell’universo, nascosti nei luoghi più impensabili, esistono numerosi angolini per gli amanti in fuga.
E in qualche dove sconosciuto, sono certo che esiste una nicchia dimensionale fatta apposta per noi. Da lì, fra le nebulose, guarderemo le galassie allontanarsi, ciascuna alla ricerca di un bacio da dare, ciascuna alla ricerca d’una parola dolce da sussurrare.
di Jason Ray Forbus
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