lunedì 13 febbraio 2017

Il mio inutile pragmatismo

Sono stato definito “un Sognatore Pragmatico” – e la domanda sorge spontanea: cosa se ne fa un sognatore del pragmatismo?
Fossi stato avido, fossi stato ambizioso, questo mio pragmatismo sarebbe servito a qualcosa, se non a qualcuno. Uno scopo degno di finire in un libro di storia: ricchezza, potere... a che pro?
Fossi stato sognatore soltanto, la marea della vita mi avrebbe già travolto, con i suoi mille interrogativi cui è impossibile dare risposta; avrei tentennato nelle cose per me più importanti, e degne di esser vissute, o forse ne avrei vissuta una, prendendo fuoco nella notte, come uno stregone immolato al suo sapere.
E invece, da sognatore pragmatico, mi ritrovo a centellinare sogni (che sono preziosi), a godere appagato, seppure per pochi istanti, degli sprazzi di bellezza che improvvisi, fra grigiume e lordure, si mostrano ai miei occhi.
Badate, si tratta di piccole cose, che per me sono grandi. Sarebbe difficile mostrarvi i miei “pensieri felici”, e facendolo rischierei di rovinarli. Bisogna, appunto, sognare, noi che abbiamo la fortuna di poterlo fare, ma anche farsi custodi di questi sogni, tesori che vanno sì condivisi, ma con misura e bellezza. Mostrare piuttosto che sfoggiare.
Si è istituita una società di consumatori per il bene del progresso; ma noi possiamo essere sognatori pragmatici, e progredire senza farci venire un’indigestione o ammalarci. Possiamo vivere e sognare senza dilapidare la bellezza che abbiamo faticosamente raccolto. Soffermandoci a riflettere, che diventa sempre più difficile, ora che distrarsi è così facile.


Di Jason R. Forbus

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