domenica 7 agosto 2011

Il Prigioniero

Compendio de Il Manuale del Perfetto Pellegrino

C’era una volta che oggi non c’è più,

un paese allegro, fra i boschi e le colline, dove i volti della gente eran belli come olive.

In quel paese addormentato dove mai pioveva e nessuno portava l’ombrello, si allungava l’ombra sinistra d'un castello - e dentro quello - un prigioniero, chiuso in una cella.

Nessuno più ricordava perché fosse incatenato, quale crimine in quella tomba buia e profonda lo avesse relegato. Altro non udiva il prigioniero che il suo sospirare e, lente, le lacrime sul viso scivolare.

Ma in una notte di luna, il prigioniero udì una voce chiamarlo e si destò, credendo di stare ancora sognando.

“Chi è che mi chiama?” domandò.
“Una forestiera, gli rispose una voce melodiosa. "Dimmi prigioniero, qual è la tua pena?”
“Mille anni in questa cella devo stare, rifletté il prigioniero tristemente, "per non aver saputo bene amare. Mille incubi dovrò fare prima che la cella si apra, e io possa scappare. Ma vedi forestiera, scappare io non voglio, perché a cosa valgono mille incubi in una tomba se quel sorriso d’un tempo è sepolto in un deserto?”

La forestiera misteriosa parve esitare, e quindi disse: “Prigioniero, non vedi che la cella è aperta? Sono gli incubi che già ti tormentano che non ti hanno permesso di vedere la fioca luce della libertà. Sei tu che devi soffiare via la sabbia per ritrovare il sorriso.”

Il giovane uomo si sforzò di guardare attentamente, avvicinandosi alle sbarre, e alla luce della luna vide che non vi era alcun lucchetto o catena a tenerlo legato alla sua prigione. Capì che nessuno l'aveva mai incatenato. La forestiera spinse la porta, che cigolando si aprì. Il prigioniero, che tale più non era, ringraziò la ragazza e i due uscirono dal castello, i volti sereni illuminati dall'argentea luce della luna.

di Jason Ray Forbus e Michela de Spagnolis

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